Il comune è composto da diversi nuclei abitati, ad altitudini montane, sotto il versante occidentale del Dragnone. Ci si immagina di incontrare un capoluogo nelle consuete disposizioni urbane: la grande piazza centrale, la chiesa, il municipio, gli uffici e la raggerà di strade che collegano tra loro vecchi e nuovi quartieri. E invece no. Zignago è un nome, una semplice espressione amministrativa scritta sulle carte geografiche e sui documenti, un distintivo unico per diverse borgate: Pieve, Torpiana, Valgiuncata, Sasseta, Debbio, Imara, Vezzola e Serò (il più meridionale, prossimo ai confini di Rocchetta), quasi tutte schierate lungo la rotabile che sale alla Foce d'Agneta e ai mille metri del Valico del Rastrello. Sasseta, allineata lungo la strada, dopo Debbio e il bivio di Imara, da un lato e di Vezzanelli, dall'altro, è la sede municipale: un tipico paese montano, vigilato dalla seicentesca chiesa della Presentazione di Maria e dalla sua torre campanile, anticamente subordinato al Castello di Serramaggiore e dipendente dalla Pieve di Zignago. Più a nord sono Valgiuncata e Torpiana, con le rispettive parrocchie di S. Andrea e S. Martino. Il centro più meridionale del territorio è Serò, al termine di un itinerario particolare, mentre il paese più popoloso e noto è Pieve di Zignago (a 632 metri di altitudine), quale nucleo capoluogo e storica sede della chiesa matrice. Pieve di Zignago, alto sul panorama delle vallate, visibile da tutti i paesi del circondario, è un richiamo paesistico, domestico, sentimentale, in mezzo alle masse cupe degli alberi e dei cespugli. Lassù è come stare in una nicchia di pace (di notte le piccole luci sparse dei paesi sono un lontano segno di vita) e riprovare le sensazioni di gente vissuta tanti anni fa.Tra le foreste, i prati e i sentieri, da Serò alle Foci d'Agneta, le "ville" si addensano brevi, nel verde: sono macchie di vecchie pietre e di intonaci nuovi, di ciappe scurite dal tempo e di tegole, trafitte da pochi campanili. Dentro i paesi si sente l'odore del pane di casa; si ascoltano i suoni e le voci di una immutabile vita rustica.
STORIA
Il nome di Zignago, che deriva dal dialettale "Zignègu", ovvero abitante vicino all'acqua, è venuto fuori, nell'ultimo Medioevo, in sostituzione del precedente "Cornia", che indicava la vasta ed antichissima Pieve di San Pietro Apostolo che estendeva la sua giurisdizione anche nel comprensorio della Valle del Mangia e la Valle del Getterò, sul castello di Godano, sul villaggio di Scogna, e scendeva fino a Cornice, nelle vicinanze del Vara, tanto da poter presumere che, ai tempi dell'ordinamento pagense, la stessa Brugnato fosse compresa tra le sue pertinenze. Le terre, i paesi e i castelli di Zignago, diversamente da molti altri luoghi della Valle, furono incorporati nei domini della serenissima Repubblica di Genova a partire dal tardo 1200, sfuggendo alle rivendicazioni dei Malaspina e degli altri feudatari. Secondo gli storici, due importanti castelli esistevano nella zona: uno sulla vetta del Monte Zignago e l'altro in località Serramaggiore nella valle del Mangia. Delle vecchie fortificazioni non sopravvivono che modestissimi avanzi, ma si sa che furono infeudati ad un ramo dei signori di Vezzano e che passarono sotto il dominio dei Fieschi. Poi fu la volta di Genova, al tempo degli Angioini e del loro vicario, e della famosa spedizione in Val di Vara di Oberto Doria, capitano del popolo. Al 10 maggio del 1273, "i procuratori di Zignago e di Serramaggiore si erano sottomessi al Comune di Genova ed avevano pronunciato il giuramento di fedeltà al capitano Oberto Spinola, vice gerente di Oberto Doria. Essi non andranno in nessun esercito o flottiglia verso ponente, ma solo verso levante, non pagheranno le gabelle della carne e del vino, ciascun fuoco darà al comune sei denari come danno gli uomini di Corvara". Con questi amichevoli patti aveva praticamente inizio la ininterrotta fedeltà a Genova della gente di Zignago, influenzata anche dalla prossimità della Abbazia e della Diocesi di Brugnato. Sempre nel territorio dell'antica Cornia, altro importante centro di vita religiosa e sociale fu un monastero originariamente subordinato alla Abbazia di San Salvatore di Leno, con la chiesa intitolata a San Martino, poi ricostruita nell'attuale abitato di Serò. Chiesa e monastero furono dei vescovi di Luni, con una netta separazione dalla giurisdizione della Pieve di Zignago. La storia di questi paesi è dunque storia di Genova, anche se il distretto era molto lontano dalla città, seminascosto tra impervie montagne ed un poco dimenticato dalla madre patria. A metà del Cinquecento Zignago contava 340 famiglie (Sasseta era il centro più popoloso) ed era sede di una Podesteria, col magistrato inviato da Genova. Un censimento del 1606 attribuiva a Zignago e alle sue ville 250 fuochi. Nel Settecento la Podesteria "nei monti confinanti con il Pontremolese veniva governata dal podestà eletto dal popolo, un anno per luogo, a vicenda; ha autorità nel civile come nel criminale, è soggetta al Capitanato di Levante, 15 miglia distante". Le risorse dell'agricoltura, già allora, costituivano il bene fondamentale: "abbonda di pascoli, boschi e biade, vino a sufficienza di buona qualità, et olio per il suo bisogno". Dopo la Rivoluzione Francese e il Congresso di Vienna, il territorio di Zignago veniva compreso nella provincia del Levante e nel mandamento di Godano. Quando gli studiosi di storia e di etnologia disputano sulle remote sedi dei Liguri Briniates, non dimenticano di citare la statua stele scoperta nel 1827 a Nova, proprio nel territorio del comune. E' un grande cippo di arenaria, scolpito rozzamente in figura umana e con una misteriosa iscrizione dall'alto in basso:"MEZVNEMVSVS". Per secoli custodito nel segreto della terra e venuto in luce nel greto del torrente Gravegnola, sotto il colle di Serò, rappresenta una singolare e monumentale testimonianza della protostoria ligure. Per la sua insolita forma squadrata si differenzia dalle più note e numerose stele della Lunigiana. La scoperta del piccolo monumento - oggi conservato nel Museo archeologico di Genova - "mise a rumore il campo degli eruditi"; i quali furono concordi nell'escludere che si potesse trattare di una pietra terminale, ma disputarono a lungo sul significato della stele e soprattutto su quello della misteriosa iscrizione. Secondo Francesco Orioli, che fu il primo ad interpretarne l'epigrafe, dovrebbe essere un cippo sepolcrale col nome e prenome del defunto, " Mezio Menisco"; mentre un'altra tesi, condivisa dal Formentini, lo ritiene "un documento religioso, nel quale si attestano una forma di culto ed una concezione cosmologica appartenenti al più profondo sostrato della civiltà mediterranea". In ogni caso il cippo di arenaria, raffigurante l'arcaica, stilizzata figura di un lontanissimo antenato, è l'indiscutibile prova materiale della civiltà e delle origini remote, riferite alla comunità di Zignago. E può anche simboleggiare la solidità della tradizione e il destino - duro come la pietra - di genìe assuefatta a lavorare tra i difficili monti, senza molte consolazioni.
DA VEDERE
Ad eccezione del prezioso reperto archeologico rappresentato dalla statua stele di cui sopra e di qualche nobile architettura religiosa, il tempo ha cancellato dai paesi di Zignago le maggiori memorie artistiche dell'antichità. Sasseta, allineata lungo la strada, dopo Debbio e il bivio di Imara, da un lato e di Vezzanelli, dall'altro, è la sede municipale: un tipico paese montano, vigilato dalla secentesca chiesa della Presentazione di Maria e dalla sua torre campanile, anticamente subordinato al Castello di Serramaggiore e dipendente dalla Pieve di Zignago. Più a nord sono Valgiuncata e Torpiana, con le rispettive parrocchie di S. Andrea e S. Martino. Il centro più meridionale del territorio è Serò, al termine di un itinerario particolare, mentre il paese più popoloso e noto è Pieve di Zignago (a 632 metri di altitudine), quale nucleo capoluogo e storica sede della chiesamatrice. Pieve di Zignago La parrocchia odierna, sempre dedicata all'apostolo Pietro, rappresenta il rifacimento della precedente, della quale conserva antiche opere di base e frammenti della parte absidale. E' ancora una chiesa monumentale e severa, per il suo nudo prospetto, aperto in un'alta trifora, e per il verticalismo degli interni spaziosi,impreziositi dalle decorazioni di marmi policromi. Il piazzale dell'antica Pieve, all'ombra perenne di colossali lecci, può essere ben considerato il cuore di tutto il distretto di Zignago.
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