Pignone capoluogo è ancora oggi - modesto e riservato sulla riva del suo torrente - in una posizione che ricorda l'importante funzione di nodo stradale, al centro di alcuni tra i più frequentati itinerari dell'antichità. Intanto di qui passava la via romana litoranea (dal Golfo spezzino si affacciava alla Val di Vara, toccava Pignone, risaliva al Colle della Gritta e a Soviore e quindi tornava al mare) e da questo crocevia, attraverso Casale, si poteva raggiungere la strada per l'oltreappennino emiliano, o ridiscendere a Padivarma, nuovamente verso la pianura e il mare della Spezia, lungo il percorso ricalcato dalla moderna Aurelia. L'organizzazione civica e commerciale è abbondantemente sufficiente; tutti gli impianti ed i servizi pubblici sono assicurati, senza contare che Pignone è vicino non soltanto al capoluogo della provincia ma anche ai centri della riviera spezzina e a Riccò e Beverino e all'innesto nella direttrice autostradale di Borghetto Vara. Grazie alla facilità dei collegamenti mare-monti, i paesi delle valli rientrano negli itinerari più battuti dai visitatori italiani e stranieri ospiti delle Cinque Terre. Il turismo escursionistico è un qualcosa di più che si aggiunge alle risorse tradizionali dell'economia, contribuendo alla spontanea valorizzazione dei motivi paesistici, alla conoscenza delle memorie artistiche e delle consuetudini locali. I campeggiatori, i curiosi viaggiatori di un giorno e le compagnie estive di gitanti incontrano gente dello stesso dialetto rivierasco raccolta in un piccolo mondo appartato e lieto; scoprono i piaceri della buona cucina assaggiando la "mesciua" con i fagioli bianchi di Pignone e ritrovano una Liguria insperatamente genuina, da trasferire, magari, sulle tele di bravi pittori fedeli al figurativo.
STORIA
Il panorama storico di Pignone è racchiuso tra le lontanissime origini, le vicende medioevali della sua Pieve (oggi parrocchiale dedicata a Maria Assunta) e del suo borgo fortezza, e il destino presente di piccolo comune rurale. La strategica ubicazione del paese fu, in passato, determinante per il sorgere e il fiorire della Pieve che, prima di limitare la sua giurisdizione alle sole dipendenze di Corvara e Ponzò, doveva comprendere anche il territorio di Monterosso e Vernazza. La Pieve di Pignone, in sostituzione della distrutta Albareto, radunò all'interno della Liguria orientale quelle popolazioni marittime che, dopo le incursioni e le distruzioni di Rotari, furono costrette a rifugiarsi tra i monti, all'ombra protettrice delle chiese. Così Pignone e il suo territorio, per quanto appartenenti alla Val di Vara, poterono sempre essere considerati come una vitale appendice interna delle Cinque Terre. Il territorio di Pignone segui le sorti dei luoghi della bassa Val di Vara: fu compreso nei beni ceduti alla Repubblica da Nicolo Fieschi e la sua primitiva funzione plebana decadde lentamente di fronte all'importanza del castello della Corvara, prima caposaldo estense e poi Podesteria genovese. Anche nei dintorni, i paesi di Casale, Villa e Faggiona, immersi nel silenzioso paesaggio della collina, erano (e sono) le sedi di piccole comunità dedite ai lavori agricoli e allo sfruttamento dei patrimoni boschivi. Casale - "Rotomula" nella denominazione più antica - era già citato in documenti alto medioevali quale dipendenza della Pieve di Robiano, nell'attuale comprensorio di Sesta Godano, fortificato dai genovesi e passato poi, nel XII secolo, alla Diocesi di Brugnato, della quale seguì costantemente le vicende. Nella descrizione dei domini di Genova, Casale e Pignone sono considerati separatamente, in quanto il consolato di Casale dipendeva dal Capitanato di Levanto, mentre Pignone faceva parte della podesteria della Corvara. Per Casale è detto: "Fa un console eletto dal popolo, e li suoi quartieri sono Cattorno, Faggiona, Fornello, Villa e Pedegrotti. I territori delli suddetti consolati danno castagne, biade e pascoli in abbondanza; vino, oglio, canape, frutta ed ortaglie pe' il loro bisogno".
DA VEDERE
La pieve venne fondata sulla precedente chiesa paleoromanica ancora esistente nel 1313, quando vi sostò per le cerimonie pasquali l'imperatore Arrigo VII di Lussemburgo, durante il suo viaggio da Genova a Pisa. Le strutture attuali del maestoso edificio - il maggior monumento locale, diligentemente restaurato - riportano i canoni dell'arte monastica gotica di tipo umbro-toscano, differenziata dai modelli gotici contemporanei diffusi nei vicini paesi delle Cinque Terre. Secondo una lapide messa in luce nel corso dei recenti lavori di restauro, la ricostruzione dell'edificio risale al 1338. La nuda severità monastica dell'interno, liberata dai rifacimenti settecenteschi, è sottolineata dai pilastri quadri, con alti "valichi" tra la navata centrale e quelle laterali e dall'abside rettilinea, fiancheggiata da cappelle minori. Il prospetto esterno, ad una sola cuspide, è altrettanto nudo e severo, con la sola decorazione di archetti pensili ai due spioventi e del grande rosone sovrastante l'unico portale di ingresso. Pietra viva anche all'esterno, in corsi regolari, con qualche bozza scolpita che si presume provenga dalla primitiva costruzione romanica. Il sottosuolo riserva straordinarie sorprese come le grotte di Pignone. Il trasferimento dei centri abitati nella accogliente natura delle valli interne, irrigate da due ricchi corsi d'acqua come il Pignone e il Casale, fu anche un volontario ritorno alle sedi primitive di antichissime tribù liguri, la cui memoria è proprio accertata dai reperti archeologici del Castellare di Pignone: un insediamento che ebbe vita tra la fine dell'Età del Bronzo e il primo sviluppo della colonizzazione romana.
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