Follo compendia numerosi abitati, a diverse quote: dal Piano di Follo a San Martino di Durasca, allo sbocco della omonima valle, a Piana Battolla, sul filo della autostrada, a Tivegna, Sorbolo, Carnea, Bastremoli, fino ai 350 metri di Follo Alto, borgata dell'antico castello, affacciata su uno dei più suggestivi panorami della bassa vallata. Da qui infatti lo sguardo spazia sul panorama interno della Val di Vara e sull'opposta, superba visione della pianura di Sarzana, di Bocca di Magra, del primo litorale toscano e sul profilo tormentato delle Apuane, sotto il consueto cappuccio di nuvole. Tutti i paesi del territorio di Follo sono immersi nell'ambiente tipico del basso corso del Vara: alle coltivazioni della pianura si alternano gli uliveti, le macchie dei pini e i filari ordinati delle vigne; sentono l'aria di mare che, scavalcando i colli, arriva dal Golfo della Spezia o, più direttamente, da Bocca di Magra. E in ogni centro si ritrovano interessanti motivi paesistici e memorie medioevali. A Piana Battolla, che prende il nome da una famiglia che ebbe qui grandi possedimenti, le strade hanno condizionato il paesaggio e il moderno abitato si dilata attorno al campanile della ottocentesca parrocchia. A Tivegna, invece, c'è ancora un'atmosfera ed una struttura antiche: vicoli stretti, portali di viva pietra, ripidi passaggi attraverso l'ombra di porticati, terrazze tagliate come trincee nel compatto agglomerato delle case.
STORIA
Follo Alto, o Follo Castello, rispondeva alle esigenze feudali, nell'ambito dei possedimenti dei vescovi di Luni, e doveva essere compreso nel sistema difensivo all'imbocco del Vara, come Tivegna, Padivarma, Castiglione e Bracelli. Proprio Tivegna, alto e ridente sul suo colle, è già citato nei rescritti dell'imperatore Ottone I, nel 936, quale pertinenza dei domini dei conti vescovi lunensi. E così rimase almeno fino al 1252, quando il pontefice Innocenze IV ottenne che i castelli di Castiglione, Tivegna e Bracelli e il bosco di Padivarma venissero concessi in feudo al proprio nipote Nicolo Fieschi. Anche in queste terre si verificò l'avvicendamento di feudatari diversi, la breve soggezione a Castruccio Castracani, ai Visconti, agli Sforza, ai Francesi e finalmente alla Repubblica di Genova. Al tempo della Repubblica Ligure Tivegna fu sede capoluogo di uno degli otto cantoni in cui era divisa la Giurisdizione del Golfo di Venere, confermando l'importanza sempre attribuita al Castello e alla Podesteria, fino a che divenne la sede comunale di Follo e perdette poi anche quest'ultimo privilegio, in nome del progresso e della comodità.
DA VEDERE
San Martino di Durasca Un poco nascosta dalla nuova edilizia è la vecchia chiesa di San Martino, coeva della cattedrale di Brugnato e un tempo dipendente dalla Pieve di Sant'Andrea di Montedivalli. L'edificio ha la particolare caratteristica di due absidi e le tracce della costruzione primitiva mostrano la divisione di due navate. All'interno si conservano pregevoli affreschi del '400; l'insieme, per il suo aspetto severo e solido, è un chiaro riferimento all'importanza religiosa e strategica del primitivo insediamento, sulla grande via pianeggiante tra Ceparana e Padivarma, poi trasferito sulle alture, munite e cintate. Tivegna La chiesa di San Lorenzo, emergente in un breve piazzale, denuncia le sue semplici e lineari trasformazioni -un bianco prospetto tra antiche mura- risalenti al XVIII secolo, sul primitivo edificio già dipendente dalla Pieve di S. Andrea di Montedivalli. Delle famose fortificazioni di Tivegna rimane soltanto la forma del borgo e la sua posizione, vigile sugli accessi del fondo valle e sul fiume. Dall'alto piazzale dove si conclude il tracciato della strada, tra il cimitero e un oratorio rustico, si guarda sulla pianura di Ceparana mentre dall'altro versante, oltre le dorsali montuose coperte di pinete, ed oltre il Vara, si scorgono i paesi della valle Usurana. Bastremoli è la chiesa settecentesca, rifatta e ampliata sulla costruzione più antica. Follo Alto Il paese è tutto raccolto attorno al complesso della robusta chiesa seicentesca di San Leonardo, dagli spersi intonaci rosati, e alla massiccia torre campanaria. Nella stessa porzione superiore dell'abitato restano tracce del castello che da il nome alla borgata. Le aperture delle case, incorniciate di arenaria, assorbono sole e silenzio. Su una antica pietra, abbandonata vicino alla chiesa, forse proveniente da un architrave, un ignoto scalpellino del 1359 (o 1559?) ha inciso un significativo verso latino "a parvis rebus surgere magna solent".
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